COAT OF ARMS

Stemma matrimoniale con le armi della famiglia Spezza (a sinistra) e della famiglia Castelli (a destra), realizzato nel 1898 in occasione del matrimonio tra il conte Achille Spezza e la N.D. Anna dei conti Castelli di Terni. Patrica - Palazzo Spezza - Sala dello stemma.

LA ROCCA (VIII-IX sec.)

L’edificazione del mastio difensivo, di quella che oggi viene chiamata “Cittadella”, risale al VIII-IX secolo d. C.. In un primo momento la rocca fu adibita a fortilizio d’avvistamento e prigione e soltanto nel secolo successivo si sarebbe costituito un nucleo abitativo, in parte fortificato, a scopo difensivo. La Rocca sorge su un alto e inaccessibile sperone di roccia a un’altezza di 480 metri e anticamente era formata da una serie di strutture: il mastio, ormai ridotto a rudere, e una serie di edifici destinati ad alloggiamenti militari, scuderie e cisterne, quasi interamente smantellate tra il XVIII e XIX secolo. Il versante Sud-Est era caratterizzato da una torre di forma quadrangolare detta “Torre delle Ravi” e munita di una cinta muraria, inglobata nel XVII secolo nell’edificio chiamato “Montano”. La Rocca viene menzionata nell’anno 817 d.C. in un atto di Ludovico I il Pio; in numerosi documenti risalenti al X-XI Secolo e nel 1224 nel testamento di Giovanni Conti da Ceccano. Con la famiglia Annibaldi, subentrata nel 1291 ai “da Ceccano” per successione ereditaria nel controllo della contea, nel Castrum di Patrica si sviluppò una corte feudale annessa alle fortificazioni della Rocca, di cui oggi se ne ritrova traccia nella via detta “piano della Corte” e nelle strutture che nel Rinascimento furono inglobate nella costruzione di Palazzo Spezza. Una leggenda vuole che nel mastio fu rinchiusa Silveria Patricia, figlia di Rotrudo Patricio, signore di Patrica (TOLLI F., Silveria Patricia – leggenda patricana, Roma 1915). La Rocca costituì, per tutto il XIV e XV secolo, un punto strategico-militare di cruciale importanza per il controllo della valle del Sacco e fu protagonista di numerosi eventi di una certa importanza. Nel gennaio del 1495 venne espugnata e messa a ferro e fuoco dalle milizie del Re Carlo VIII di Valois; In seguito la rocca verrà in parte ricostruita tenendo conto delle nuove necessità difensive: la parte Sud del mastio venne munita di torri circolari caratterizzate da feritoie-cannoniere, mentre la torre delle Ravi venne rinforzata da un contrafforte (ancora visibile). Tra il 1556 e il 1557, durante la guerra tra Paolo IV e gli spagnoli del vice-reame di Napoli, la Rocca di Patrica venne occupata due volte, particolarmente violenta fu la seconda occupazione, operata da Marcantonio Colonna e dal barone di Feltz. Il feudo venne ceduto nel 1599 alla famiglia Santacroce con il titolo di marchesato e nel 1625 da questi passò ai Colonna. Tra il 1759 e il 1762 la Rocca e parte delle antiche terre feudali vennero concesse al conte Nicola Spezza, il quale venne così in possesso di un vasto complesso “con annessi privilegi, prerogative ed esenzioni” tuttora appartenente agli eredi della nobile Casata.

IL GIARDINO PENSILE “ALL’ITALIANA”



Oltrepassando il Ninfeo si percorre il “Corridoio prospettico” del giardino pensile principale; il giardino risale al XVI secolo; la forma attuale è dovuta ad una risistemazione del XVII secolo; Il giardino è un tipico esempio di giardino “all’italiana”; si è stimato che alcuni bossi abbiano oltre seicento anni; i bagaroli (Spaccasassi - Celtis australis) del viale e altri alberi (pini e cipressi) hanno un’età compresa tra i 300 e i 500 anni.

Il piazzale in fondo al giardino, detto “la Rotonda”, è stato realizzato nei primi anni ottanta del secolo scorso con materiali di recupero provenienti dalla Palazzina di monsignor Angelo (l’ex-Caserma); la fontana del leoncino e gli elementi architettonici in peperino (parti dell’antica balaustra della Palazzina) risalgono al XVIII Secolo.

Dalla Rotonda è possibile ammirare i resti del mastio della Rocca di Patrica.

LA FAMIGLIA SPEZZA - storia


Le origini della famiglia Spezza risalgono al XIV secolo, fin da quando si ha notizia, in alcuni documenti, di un Antonius de Speza Miles pius et iustus. Tuttavia notizie più concrete le acquisiamo a partire dal tardo XV secolo, allorquando Benedetto (d’) Orlando de Speza decise di lasciare le sue terre d’origine, la Spagna, per stabilirsi nel Regno di Napoli. Ciò nonostante, permangono ancora dubbi riguardo le circostanze e le motivazioni che spinsero Benedetto (d’) Orlando, insieme con suo figlio Giovanni (che per primo italianizzò il nome in Spezza), ad abbandonare il Regno di Napoli e stabilirsi nelle terre di Patrica che all’epoca dipendevano, seppur indirettamente, dallo Stato della Chiesa. E' probabile che i de Speza, come molti altri nobili d’arme spagnoli dell’epoca, siano stati allettati dalla prospettiva di acquisire territori feudali nell’Italia meridionale, ma una volta trovatisi nel bel mezzo della contesa tra la dinastia Trastamara e i feudatari del napoletano, abbiano avuto la peggio e siano stati costretti a stabilirsi in territori più sicuri. Patrica, a quel tempo, dipendeva direttamente dalla famiglia Conti da Ceccano che l’aveva in feudo fin dalla dissoluzione dell’omonima contea. Fin dai primi tempi della loro presenza a Patrica, gli Spezza, ebbero accesso a cariche istituzionali di vario genere ed importanza: nei primi anni della seconda metà del XVI secolo diversi esponenti della famiglia furono “comites Stabiles” o comestabili, ufficiali di vario rango e notabili che ricoprirono ruoli, in alcuni casi, di grande importanza nel periodo della restaurazione del “regime o statuto di Castello” promossa dal commissario della Camera Apostolica Agostino Gottuzzi. Inoltre dal 1599 al 1625 gli Spezza furono sostenitori e in parte finanziatori e garanti della politica dei Santacroce, che a quell’epoca detenevano la signoria di Patrica. Da essa uscirono uomini d'arme al servizio della Chiesa, governatori, prelati, priori e gonfalonieri. A partire dal XVII secolo la famiglia venne in possesso di terre feudali con Rocca che tuttora conserva con annessi privilegi, prerogative ed esenzioni. Nella prima metà del Seicento numerosi documenti attestano la presenza nei Palazzi della Corte di un “notaro” Antonio Spezza, il quale permutò alcuni fabbricati di sua proprietà con il “Palazzo di pian di corte”; tuttavia, è più che probabile che il notaio Antonio utilizzasse il palazzo come suo studio, e non come residenza, anche se l’idea di trasformare ad uso abitativo il complesso dei Palazzi della Corte, quasi certamente, è imputabile alla sua volontà. La famiglia Spezza nel corso del seicento incrementò molto la propria importanza nel contesto cittadino, così da spingere diverse famiglie notabili ad imparentarsi con loro e a costituire una potente "casta nobiliare"; esponenti principali di questo periodo furono il conte Antonio ed il suo primogenito Nicola che si unì in matrimonio ad Isabella Vitelli, sorella di Don Angelo Vitelli, il quale nel 1663 lascerà numerose proprietà terriere a suo nipote Carlo Spezza. Don Carlo ottenne nel 1670 la cappellania e la sepoltura sotto il titolo di Santo Stefano e nel 1693 donerà a suo zio Don Domenico Spezza l’ingente somma di cento scudi d’oro per la costruzione di una nuova cappella di famiglia nell’antica chiesa di San Pietro. Purtroppo la demolizione di questa chiesa pre-romanica, avvenuta nel 1837, ci ha impedito di ammirarne la bellezza, tuttavia, diversi riferimenti ad essa sono rintracciabili in alcuni documenti stilati da Don Nicolangelo del Greco, arciprete della chiesa di San Pietro dal 1700 al 1726. Con l’avvento dell’amministrazione Colonna, le sorti della nobile famiglia erano inevitabilmente destinate a cambiare. La bontà dei rapporti che si instaurarono tra Federico Colonna e Nicola Spezza culminerà nel 1759 con un atto di riconoscimento, a quest'ultimo e ai suoi discendenti Carlo e il Monsignor Angelo, di importanti “Prerogative, Privilegi ed Esenzioni” all'interno del Marchesato di Patrica. Il valore ‘legale’ di questo atto è sintomatico dei rapporti che legarono i due casati, soprattutto per ciò che riguardava l’indiscussa ingerenza degli Spezza nella politica cittadina e le “competenze” dell’una e dell’altra famiglia nell’amministrazione del territorio. Tra gli eventi di una certa importanza che caratterizzarono la storia della famiglia Spezza vi è, nella seconda metà del XVIII secolo, lo stretto rapporto d’amicizia instauratosi tra il conte Nicola e l’allora cardinal Gian Vincenzo Antonio Ganganelli, che nel Maggio del 1769 sarebbe salito al soglio pontificio con il nome di Clemente XIV. Il cardinal Ganganelli fu ospite del conte Nicola nella sua avita dimora e commissionò a Niccolò Dalla Piccola la splendida pala d’altare che ancora oggi possiamo ammirare nella chiesa di San Giovanni. Illustre avo della nobile famiglia Spezza fu il Monsignor Gian Domenico Finateri, zio del conte Nicola. Egli fu diplomatico pontificio di indiscussa fama e priore dell’ Ordine di Malta e San Lazzaro, ricoprì l'incarico di "Uditore di Corte" presso la corte di Luigi XV e XVI fino allo scoppio della Rivoluzione Francese e, una volta tornato in Italia risedette per diverso tempo nel Palazzo baronale. Tra gli antenati più significativi, ci sembra, inoltre, opportuno menzionare il Monsignor Cesare Spezza, il quale fu reggente della Cancelleria Apostolica, canonico vaticano, protonotario apostolico e prelato referendario del Tribunale di Segnatura. Persona d’animo generoso, dedito a diverse opere di mecenatismo e contraddistinto da una grande sensibilità nel donare a favore della collettività, Monsignor Cesare si distinse per particolare meriti nel suo incarico di reggenza della governo apostolico in un periodo estremamente difficoltoso per lo Stato Pontificio come fu quello di fine XIX secolo (promosse e finanziò numerosi interventi nelle Chiese di San Pietro Apostolo e San Francesco). Nel 1851 Ercole Spezza si unì in matrimonio con Severina dei conti Pecci, nipote di Vincenzo Giovacchino Pecci, che nel 1878 sarebbe salito al soglio pontificio con il nome di Leone XIII, fautore tra l’altro, della celeberrima enciclica “Rerum Novarum. Questa unione ebbe significativi risvolti non solo per la famiglia, ma anche per Patrica: all’alba del XX secolo, Leone XIII volle erigere 20 croci sulle cime più alte d’ Italia in segno di redenzione. A Patrica, l’iniziativa venne fortemente sostenuta dai suoi nipoti prediletti, il Monsignor Cesare e il Cavalier Nicola Spezza, i quali, oltre alle ingenti donazioni fatte a tal scopo, istituirono un comitato per sostenere l’impresa e per rendere partecipe la cittadinanza tutta dell’importante avvenimento.

FONTI E BIBLIOGRAFIA
La maggior parte delle notizie qui riportate sono reperibili nell’archivio privato di Palazzo Spezza (non aperto al pubblico) e nell’archivio Colonna di Subiaco. Alcune informazioni sono contenute in DEL GRECO V., Il Castello dei conti Spezza, Roma 2006; GROSSI I.P., Gli “Atti” del commissario Agostino Gottuzzi, Patrica 1975.
Per maggiori informazioni sulla Famiglia Spezza possono essere consultati gli archivi del Collegio Araldico di Roma, dove con decreto del 1947 sono stati depositati i seguenti documenti: origini del Casato, degli uomini illustri, dei feudi e dei titoli accompagnati da copia dei diplomi di concessione e dell’albero genealogico (copia delle conferme nobiliari di Brevi pontifici del 22 settembre 1769 di Clemente XIV, del 18 dicembre 1902 di Leone XIII e del 1 dicembre 1914 di Benedetto XV).
Per ulteriori informazioni si rimanda a COLLEGIO ARALDICO, a cura di, Libro d’oro della Nobiltà Italiana, edizione XIII, volume XIV, Roma 1962, pagg. 1395-1396.

SITOGRAFIA
www.palazzo-spezza.blogspot.com; www.classitaly.com; www.bap.beniculturali.it; www.ciociariaturismo.it; www.rerumnovarum.it; www.carpinetoromano.altervista.org; www.digilander.libero.it/aldoconti/le_campane_di_patrica.htm.

PATRICA - Cenni storici

Il nome Patrica viene menzionato per la prima volta nell'anno 817 d. C., quando Ludovico I il Pio, figlio di Carlo Magno, con l'"Atto di Donazione" conferma al Papa Pasquale I il possesso dei domini della Chiesa, tra cui il “Castrum Patriciae cum terre et Cacumine”. I territori di Patrica nel Medioevo appartennero alla nobile famiglia Conti (la denominazione originaria era de Comitibus de Cicano, volgarmente detta anche da Ceccano), che deteneva la signoria della Contea di Ceccano. Il suo capostipite è forse da ricercarsi in uno degli Arimanni (Nome longobardo degli uomini liberi che militavano nell'esercito e godevano perciò di pieni diritti politici e civili; più specificamente arimanno era colui che anche successivamente al dominio longobardo apparteneva a un'istituzione militare, arimannia appunto, in quanto beneficiario di terra data in ricompensa di prestazioni militari e poi confermata ereditariamente) che accompagnarono Astolfo nel nella seconda metà del VIII Secolo alla conquista dell’estremo lembo a Nord di Montecassino e vi rimase col suo nucleo famigliare e i suoi cavalieri arroccandosi sulle alture dei monti dai quali si comandava il passaggio sul ponte del fiume Sacco e la strada che per la Valle dell’Amaseno portava al mare. Il potere politico di questa famiglia si consolidò tra il IX e il X secolo quando le incursioni saracene svuotarono le valli spingendo le popolazioni rurali dei villaggi a cercar riparo sulle alture, attorno alle rocche fortificate e dando origine a quel processo d’incastellamento che dette vita ad una nuova unità politica: il feudalesimo. Al principio dell’anno Mille i territori di Patrica appartennero ad Amato da Ceccano, figlio di Leone. Amato fu conte di Campagna, ovvero rettore papale di questa provincia (WALEY, DANIEL PO, The Papal State in the thirteenth Century, London-New York, 1961, pag. 6). Nei primi anni del XII Secolo Patrica era parte della Contea di Ceccano, retta collegialmente dai conte Goffredo, Landolfo e Rainaldo di Ceccano sotto la direzione del primogenito. Alla morte di Landolfo nel Maggio 1182 gli succedette Iohannes de Cicano (Giovanni de’Conti di Ceccano) il quale nel 1202 prestò giuramento nella Sala del Trono del Palazzo Pontificio di Anagni innanzi al Pontefice Innocenzo III (al secolo Lotario de’Conti di Segni, cugino del conte Giovanni). Alla morte di Giovanni la Terra di Patrica andò in eredità al figlio Landolfo, come dimostrato dal testamento del conte Giovanni, documento datato 5 aprile 1224 (Archivio Colonna, Subiaco). Nel 1264 il feudo di Patrica andò alla moglie di Landolfo, una certa Maccalona, la quale morendo nel 1291 lasciò per successione ereditaria al ramo della Famiglia Conti detto “degli Annibaldeschi” o semplicemente Annibaldi (della Molara); nel 1425 papa Martino V conferma in feudo Patrica ai Signori di Ceccano; nel 1445 il feudo venne ancora riconfermato alla potente famiglia (ARTHUR IORIO, Il conte Giovanni di Ceccano e gli affari di Campagna tra Millecento e Milleduecento). Nel 1599 Lotario (o Lottario) Conti cede per la somma di 31857 Scudi il Feudo al marchese Tarquinio Santacroce (Notaio Antonio Mainardo, atto posto in essere il dì 6 Febbraio 1599, previo Breve pontificio di Papa Clemente VIII datato 2 Febbraio 1599). A causa dei numerosi debiti da questi contratti (ivi compresi quelli con la famiglia Spezza), suo figlio Francesco cedette il Feudo a Don Filippo Colonna con atto datato 28 Luglio 1625 (Archivio di Stato, Roma, prot. N. 530 IX del 1944, reperibile anche presso l’Archivio Privato della Famiglia Spezza). Nel 1759 Federico Colonna riconobbe particolari esenzioni, privilegi e prerogative al conte Niccola Spezza della Terra di Patrica (Archivio Privato Spezza, atto datato 14 Luglio 1759). Il valore legale di quest’atto è sintomatico dei rapporti che legarono i due casati, soprattutto per ciò che riguardava l’indiscussa ingerenza degli Spezza nella politica cittadina e le “competenze” dell’una e dell’altra famiglia nell’amministrazione del territorio. Nel 1762 Don Lorenzo Colonna cede la Rocca e parte delle terre feudali di Patrica “posto in provincia di Campagna nella Diocesi di Ferentino” a Nicola Spezza (Archivio Privato Spezza. Il documento riporta la data “Die Tertia Aprilis 1762”; è probabile che in seguito all’invesitura del 1759 e alla concessione delle terre feudali, il conte Nicola Spezza abbia assunto il titolo di Marchese come dimostrerebbe l’antico sigillo che si fregiava della corona marchionale). Nel 1816, in seguito all’abolizione dei poteri feudali, Patrica venne a dipendere direttamente dalla Camera Apostolica (organo amministrativo dello Stato Pontificio). Nel 1870 entrò a far parte del Regno d’Italia.

STEMMA SPEZZA


STEMMA SPEZZA: inquartato I e IV d'azzurro all'aquila al naturale sormontata da una corona d'oro; II e III d'argento a tre fascie di rosso, caricate di quattro stelle ciascuna. Cimiero: l'aquila a volo spiegato. Motto: FRANGAR NON FLECTAR.

La Croce di Monte Cacume

COMITATO D'ONORE PER L'EREZIONE DI UNA CROCE MONUMENTALE
sul monte Capreo nei Lepini sotto l'alto patronato di SUA SANTITÀ LEONE XIII

PRESIDENTI ONORARI:
S. Em.za il Cardinale A. CIASCA - S. E. Mons. A. SARDI, vesc. di Anagni
VICE PRESIDENTI:
S. Ecc.za Mons. P. GIORGI, vesc. di Segni S. E. Mons. D. BIANCONI, vesc. di Terracina
MEMBRI D'ONORE:
Duca G. De Loubat, Conte Camillo Pecci, Marchese Carlo Canali, Cavalier G. Gigli, Conte Riccardo Pecci, Conte Michele Moroni Sindaco di Anagni, Comm. Filippo Tolli.
RAPPRESENTANTI DEI PAESI POSTI NEI LEPINI
Segni: Rev. P. Lorenzo Caratelli, Ministro Generale dei Minori Conventuali, Rev. D. Giuseppe Ramacci, parroco di S. Lucia, Giovanni Gentili, assessore municipale. Cori: Rev. Mg. Carlo Pasquali, Comm. Giovanni Maggi, consigliere provinciale. Sezze: Marchese Edoardo Rappini.
Arteria: Comm. Avv. Attilio Tornassi, sindaco, consigliere provinciale. Norma: Giuseppe Cav. Felici
Sermorae&JiRev.P.Stanislao White, abate di Valvisciola.
Bassiano: Cav. Angelo Pietrosanti, sindaco- Rev. Don Mario arciprete Bonanni Montelanico:Augusto Rossetti, Rev. Don Filippo De Biasi. Gorga: Antonio Fiora monti, Rev. Padre P. Priore dei Trinitari. Rocca Massima: Cav. Giovanni Battista Cherubini, sindaco. Giuiianello: Cav. Attilio Sbardella.
Maenza: Rev. P. Alfonso Baldassarre, agostiniano parroco. Rocca Gorga: Vincenzo Rossi Patrica: Rev. Mg. Cesare Spezza, Nicola Spezza. Supino: Luigi Foglietta.
Morato: Rev. D. Pio Franchi, arciprete, Cav. Erneslo Prof. Biondi. Sgurgola Rev. Don Giovanni Taggi Gavignano: Francesco Baiocchi.
PRESIDENTE
CONTE LUDOVICO PECCI
VICE PRESIDENTI
Prevosto D. FRANCESCO MARTELLA Sig. Cav. COSTANTINO BIZZARRI, Sindaco
MEMBRI
Sig. Antonio Marini, Sig. Pio Centra Can.D. Bernardino Caraffa, D. Lelio Antonelli parroco di S. Leone, Sig. parroco D.Alfonso Martella, P. Benedetto Corsi, guardiano di S.Pietro, P. Giovanni Avenali, priore di S.Agostino, Sig. direttore dell'Ospedale di S.Pietro, Sig.Ing.Antonio Camaiti, Sig. Alberto Galeotti, Sig. Romolo Polidori, Sig. Pietro Polidori Sig. Vincenzo Caldarozzi, Sig. Francesco Seneca, Sig. Filippo Salina, Sig. Salvatore De Angelis,Sig. Silvio Quattrocchi, Sig. Giuseppe Carlo Tornassi.
SOTTO-COMITATO ATTIVO
Sig.Cav.Antonio Galeotti, Sig. Vincenzo Centra Sig. Luigi Cacciotti, Sig. Antonio Calvano Sig. Antonio Campagna, Sig.Gioacchino Seneca Sig. Alessandro Cacciotti, Sig.Gio. Batt. Macali, Sig.Attilano Antico,
Sig. Salvagni Marino
Sig.Arciprete Èrcole Santesarti, Sig. Francesco Diamilla Magnelli
(da ECO del PONTIFICATO-GAZZETTA del CLERO, n. u. agosto-sctt. 1901)